L’armata perduta – e tre

e insomma
Ciro e Artaserse si scontrano
i due eserciti immensi
i Diecimila spezzano l’ala dell’esercito nemico
e li rincorrono per tutto il giorno
vincono
tornano al campo vittoriosi, cantando il peana, il canto di vittoria.

e sul campo vedono la disfatta di Ciro e del suo esercito,
il suo corpo di re impalato e mutilato.

si ritrovano ad essere l’esercito vincitore in campo nemico
senza più il motivo per stare lì.

Trattano con i persiani di Artaserse e poi partono.
E’ ora di tornare a casa
Il ritorno sarà duro e doloroso
l’esercito non ha più passaggi sicuri
e dove passerà sarà sacchieggio per la sua stessa sopravvivenza
nessuno li vuole
nessuno li aiuta

e sono a piedi
d’inverno
tra le montagne
in una ritirata disperata

fino a che vedono il mare
"Thàlassa, thàlassa" è l’urlo dell’esercito alla fine della risalita
e tutt’ora sta ad indicare la riuscita in un’impresa disperata.

e insomma
queste tre puntate di epica inutile
e magari noisa
per dire che magari
la storia non è pallosa, è che te la raccontano male.

viva Valerio Massimo Manfredi (Vale Max, per gli amici)
e il suo libro L’armata perduta
per il racconto gasante
per l’intreccio appassionante
e per avermi ricordato
l’era in cui gli eroi e gli dei camminavano ancora su questa terra

s

L’armata perduta – e due

e insomma questi Diecimila erano davvero una macchina infernale.
Erano greci: Ateniesi, Spartani.
Solo a vedere i mantelli rossi degli Spartani i persiani di Artaserse si sarebbero pisciati addosso.
I loro elmi di bronzo nascondevano l’espressione dei volti e quando i nemici se li trovavano davanti avevano davvero l’impressione di non essere davanti a degli umani.

I Diecimila erano mercenari.
gente pagata per andare in posto, combattere, tornare vincitori e riempiti dei soldi di Ciro.
una volta si faceva anche così per campare.

e un esercito di quelle dimensioni che si sposta aveva tutto il suo seguito di medici, chirurghi, mercanti, carri con le provviste, fabbri, maniscalchi e puttane.
e uno scribacchino che prendeva nota di tutto: Senofonte.
Dobbiamo a lui e al suo diario se tutta l’epoea di questo grandioso esercito è arrivata fino ai giorni nostri.

e un esercito di quelle dimensioni si sposta a piedi.
a piedi.
da Sardi, luogo di raccolta dell’esercito, attraversano tutta l’attuale Turchia fino arrivare a quello che oggi chiamiamo Iraq, puntando diritti su Babilonia.
Fino a quel momento i nostri non avevano quasi dovuto combattere, convincendo con donne e soldi i sovrani e i satrapi alle dipendenze di Artaserse  che incontravano lungo il cammino.

però non se lo spiegavano perchè nessuno li attaccava e cominciavano a chiedersi quando sarebbe avvenuto lo scontro.

poi
una mattina
in una località chiamata Cunassa
l’aria è diversa
e l’infinita armata di Artaserse arriva.

i re una volta si battevano in prima fila
davanti ai loro eserciti.
quindi i due fratelli erano schierati in campo
a guidare le loro truppe

i persiani di artaserse erano un numero infinito
ma Ciro aveva con sè l’arma vincente, l’asso nella manica.
Ciro aveva i Diecimila.

[fine seconda puntata]

L’armata perduta

c’era una volta un re che si chiamava Ciro
che aveva un fratello
che era il re più potente della terra e che si chiama Artaserse.
Ciro, il secondo genito, era il cocco di mamma.
Era bello e intelligente e non gli andava giù la storia che suo fratello doveva essere il re più potente della terra mentre a lui era destinata una provincia sfigatissima lontano da casa (e dalla mamma)
e allora fa un’armata

un’armata così grande come non si era mai vista prima.
erano in centomila
pensate a centomila uomini che  marciano insieme: la terra tremava al loro passaggio.

Ciro voleva essere invincibile: non si poteva permettere di sbagliare
e assoldò tra le sue fila anche la macchina da guerra più temibile
che la terra avesse fino ad allora conosciuto:
L’armata dei Diecimila

[fine prima puntata]